Il 16 maggio, giorno del suo insediamento, come racconta la Reza, leggeva i fogli che aveva davanti zeppi di parole come “moralità… dignità… fratellanza… giustizia… tolleranza….amore…”. Roba da campagna elettorale. Poi fece nominare suo figlio poco più che ventenne alla presidenza della Defence, il più grande centro d’affari d’Europa, ma sotto la pressione delle polemiche giornalistiche e politiche e dell’indignazione popolare lo fece dimettere. Gli amici, la famiglia e l’ambizione sfrenata lo hanno allontanato dal suo popolo, quel popolo che il Generale sapeva blandire e domare, ma anche amare profondamente…
François Hollande, alla vigilia delle presidenziali del 2008, quando per i socialisti correva la sua compagna Ségolène Royal, definì Nicolas Sarkozy “il campione dell’insicurezza e della precarietà sociale”. Una “caricatura”, di “uomo forte” che l’allora “presidenziabile” aveva costruito con l’uso spregiudicato dei media. Il suo detrattore, tuttavia, gli aveva contrapposto un’altrettanta “caricatura” che non ebbe molta fortuna, presentandosi addirittura come “donna d’ordine”. Dopo cinque anni i fatti gli hanno dato ragione.
Se Sarkozy dovesse rovinosamente cadere per il neo-gollismo incarnato abusivamente da lui sarebbe una disfatta irrimediabile anche perché dopo l’uscente che ha fatto terra bruciata intorno a lui non c’è più nessun personaggio di spicco che potrebbe contendere ai socialisti la leadership. Infatti, da Chirac – che ha dichiarato che voterà per Hollande – agli autorevoli gollisti da lui emarginati nella sua ascesa al potere, tutti concordano che l’eventuale sconfitta non sarebbe del gollismo “classico”, ma soltanto di Sarkozy.
In una celeberrima intervista rilasciata a “Le Monde” prima del suo trionfo elettorale, Sarkozy disse: “Nel modello che immagino per la Francia, egualitarismo, livellamento, fumisterie non avranno più posto: la promozione sociale non si reclama facendo la coda allo sportello, ma è la ricompensa del merito e di chi lavora di più”. Non sono molti i francesi che oggi possono dire di aver visto attuato il proposito del presidente. Ma sono ancora tanti coloro che invece si riconoscono in quest’altra “perla”: “La Francia deve smetterla di affermare di avere il miglior modello sociale del mondo, quando invece deve contare un enorme numero di disoccupati, poveri, esclusi”. ù
E’ ancora così. Glielo hanno fatto notare tanto la candidata del Front National, Marine Le Pen, forte del suo 16%, che il candidato della gauche, Jean-Luc Mélenchon, accreditato della stessa percentuale dell’antagonista dell’estrema destra: un vero exploit considerando che ai nastri di partenza veniva dato al 3%. Entrambi, in sintonia con Hollande, sottolineano che negli ultimi anni la Francia si è impoverita, è diventata più insicura, facile preda speculatori voraci che rischiano di addentarla mortalmente.
Nessuno crede al “patriottismo europeo” che Sarkozy ha rispolverato per l’occasione: vuol solo prendere un po’ di voti alla bionda Le Pen alla quale sarebbe bastato un patto per una nuova legge elettorale che le permettesse di far entrare il suo partito all’Assemblea nazionale; partito che in città come Marsiglia raccoglie il 48% dei suffragi. Come si fa a non tenerne conto?
Hollande, intanto, sa di poter incassare l’appoggio al secondo turno di tutta la sinistra. Mélenchon glielo ha promesso. E già si fa calda la discussione sul nuovo organigramma composto da ex-comunisti, ecologisti e populisti che prenotano posti di rilievo anche se sanno che il più importante, quello di primo ministro, toccherà a Martine Aubry, la donna forte del Ps. Quella che, si mormora, governerà la Francia da Matignon oscurando l’Eliseo. Ma Hollande non è certo una mammola e farà ballare l’Europa francofortese.