Il segretario della Fnsi, Raffaele Lo Russo, ha annunciato che il 3 novembre a Roma si terrà una conferenza stampa, per annunciare le inziative contro ogni legge bavaglio.
Con lui ci saranno i promotori dell’appello #nobavaglio, primo firmatario Stefano Rodotà, che hanno lanciato un appello che ha già raccolto, sulla piattaforma Change, migliaia di adesioni di cittadini e di associazioni.
Ci auguriamo che sia solo il primo atto di una campagna che dovrà avere lo stesso respiro e lo stesso spessore di quelle condotte quando proposte simili venivano avanzate da governi di altro colore.
Le battaglie per la libertà di informazione non possono conoscere diversità di atteggiamenti a seconda delle opportunitào degli opportunismi di giornata.
Chi oggi tace o tentenna dimostra solo una labile tenuta etica e politica.
L’annunciata legge sulle intercettazioni, come Blitz ha scritto sin dal primo istante, è sbagliata nel metodo e nel merito.
Nel metodo perché il ricorso alla delega al Governo annulla la dialettica parlamentare e riduce lo spazio per le modifiche e gli emendamenti.
Nel merito perché la delega è stata preceduta ed accompagnata da un dibattito che ha posto al centro l’obiettivo di ridurne l’uso nelle attività d’indagine e di limitare il diritto di cronaca.
Due obiettivi non condivisibili in una stagione nella quale sarebbe necessario dare sostegno a chi tenta di contrastare mafie e malaffare.
Mai come in questo momento la pubblica opinione avrebbe il diritto ad essere informata in modo completo e trasparente.
La preoccupazione e l’allarme sono ulteriormente accresciute dalla mancata risoluzione del nodo delle “querele temerarie” e da altre inconguenze racchiuse nella legge sulla diffamazione, in attesa di approvazione definitiva al Senato.
Per non parlare delle inapplicabili norme in materia di rettifica della entità delle sanzioni a carico di direttori e cronisti, della decisione di far svolgere i processi nella localita scelta dal ” Querelante temerario”.
La lettura simultanea di questi segni non fa presagire nulla di buono per il futuro dell’articolo 21 della Costituzione.
Naturalmente speriamo di sbagliare, ma proprio per questo è necessario promuovere e rafforzare un percorso di protesta e di proposta, senza limitarsi ad affidate le proprie speranze all’Intervento di un sovrano più o meno illuminato.
L’iniziativa del 3 novembre, giusta ed opportuna, dovrà servire ad allargare il fronte di chi crede nel dovere di informare e nel diritto ad essere informati, coinvolgendo il più ampio arco di associazioni, senza confini di parte, di partito, di schieramento, di organizzazioni sindacali o professionali.
Limiti e limitazioni al diritto di cronaca, in un paese che giá occupa una posizione avvilente in tutti i rapporti internazionali, sarebbero altrettanti ostacoli sulla strada di un corretto funzionamento dell’ordinamento democratico, tanto piú alla vigilia di un ulteriore rafforzamento dei poteri dell’esecutivo.
Per questo ci convince la proposta del segretario Lo Russo di annunciare che, legge o non legge, i giornalisti non verranno meno al diritto dovere di dare sempre e comunque tutte le notizie che abbiano il requisito della pubblica rilevanza e dell’interesse sociale, come per altro prevedono la legge istitutiva dell’Ordine professionale (che ha aderito al Comitato), le sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale e quelle della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
L’auspicio è che la riunione del 3 novembre sia solo la prima di una nuova stagione di impegno e di lotta per la tutela dei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.