Sfogliamo la margherita. Totti si o no in nazionale? Se Marcello Lippi dribbla la domanda, il capitano della Roma risponde con un “ni”.
Polemiche e discussioni a non finire. All’ombra del Colosseo non ci sono dubbi: non portare il “pupone” sarebbe un errore marchiano. A Genova, invece, storcono la bocca e replicano: “Ed allora Cassano? Perché l’uno si e l’altro no?”
Come sempre prevalgono gli interessi di campanile su quelli della nazionale. È un gioco al massacro, perché sono in molti a non vedere al di là del proprio naso. Sono obnubilati dalla passione e non ragionano. Orbene, al di là dei battibecchi e delle diatribe da bar dello sport, cerchiamo di ragionare e di riflettere con grande pacatezza.
Ecco Totti: ha trentatre anni, una splendida carriera alle spalle, una classe infinita. Ma anche una infinità di acciacchi, dovuti ai mille match che ha disputato ed ai gravi infortuni che ha subito. Spalletti aveva capito esattamente la situazione ed aveva inventato per lui un ruolo diverso: più attaccante, meno centrocampista, di modo che non dovesse sudare ogni incontro le proverbiali sette camicie.
Da quel campione che è, il capitano si è subito adeguato ed ha fatto mirabilie. Però, attenzione, ogni tanto le sue gambe cedono, il ginocchio infortunato fa clic e il giovanotto deve lanciare la spugna per qualche settimana. Arrivo al dunque senza tergiversare: è giusto portarlo in Sud Africa a disputare un campionato così difficile e distruttivo come il mondiale? Se volete sapere, la mia risposta è no.
So di inimicarmi tutta la tifoseria giallorossa, ma i meno scalmanati mi capiranno. Totti ha bisogno di tirare il fiato quando il campionato finisce. Ed invece, con la squadra di Lippi, dovrebbe giocare proprio dopo un estenuante torneo come è quello italiano. Arriverebbe in Sud Africa non in perfette condizioni. Logorato, forse, dalle tante partite disputate tra l’inverno e la primavera.
Conviene, allora, rischiare? Io dico no ed anche il capitano tentenna. “Se ad aprile mi sentirò bene, se ne potrà riparlare”. Una frase sacrosanta che dimostra ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) la serietà dell’atleta.
Lasciamo stare i suggerimenti della moglie (“Si, ci deve andare”) o quelli di Arrigo Sacchi, dettati da ricordi anacronistici e superati. La realtà è quella che i tifosi giallorossi conoscono benissimo. Ed allora, non stuzzichiamo più il “pupone”.
Ha già dato tanto non solo alla Roma, ma pure alla squadra azzurra.È giunto il tempo di riposarsi quando è il tempo del riposo. Gli straordinari è bene lasciarli ad altri.
Ecco Cassano: il ragazzo di Bari ha le carte in regola per tornare nel gruppo di Marcello Lippi. Ha l’età giusta e classe da vendere. Lo frega il carattere. Molti sostengono che è cambiato: non è più il monello dei tempi in cui lo allenava Fabio Capello. Si è innamorato, ha messo la testa a posto, in campo è diventato “razionale”.
Sarà vero? Penso che il commissario tecnico, prima di portarlo in Sud Africa, debba compiere un esperimento. Però, come diceva Bonaventura del Corriere dei Piccoli: “Alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”. Capita l’antifona?