ROMA – Prima la “serrata”, cioè la chiusura di tutte le farmacie, tranne le pochissime di turno, il prossimo 26 luglio. Serrata e non sciopero perché chi “serra” la saracinesca è il padrone-titolare dell’azienda farmacia e non il dipendente che eventualmente ci lavora a stipendio. E poi, dopo la “serrata”, la “denuncia delle convenzione”. Tradotto: ci faranno pagare farmaci e medicinali che oggi sono pagati alle farmacie dalla Sanità pubblica, i “mutuabili”. Adesso il cliente, se fornito di ricetta, li ritira gratis o pagando piccolo ticket, alla farmacia li paga lo Stato. Se le farmacie davvero “denunciassero”, al banco li pagherebbe il cliente che poi potrebbe farsi risarcire dallo Stato. Lo faranno davvero: è la terza o quarta volta che i farmacisti lo minacciano, le altre volte era un bluff, stavolta giurano che fanno sul serio, ma non sono cambiati né il mazzo di carte né le tecniche dei giocatori.
I farmacisti dicono, sono andati a gridarlo sotto Montecitorio, che dovendo aumentare lo sconto che fanno allo Stato ci rimettono al punto da chiuder bottega. Ventimila posti di lavoro in meno hanno contato, quindi minacciando licenziamenti più che bottega chiusa. E poi hanno contato ancora: chi 12mila, chi 40mila euro in meno all’anno a farmacia. Comunque su una cosa sono unanimi: con questi “patti” economici con l Sanità pubblica, questi nuovi voluti dal governo a fare farmacia ci si rimette.
Più o meno la stessa cosa stanno dicendo in queste ore le Regioni a Monti: con questi nuovi “patti” economici le Regioni ci rimettono ad amministrare la Sanità. Anzi non è che ci rimettono perché i soldi li hanno sempre messi gli altri, i contribuenti. Ma non ci “stanno”, non ci rientrano, al punto che le Regioni stanno minacciando il governo: “Riprenditi tu la delega sulla Sanità, noi rinunciamo in segno di somma protesta”. L’equivalente della denuncia della “convenzione” da parte delle farmacie.
Difficile dire chi bluffa, chi piange a sproposito o se son lacrime vere. Un sistema per capire ci sarebbe: poiché il flusso di denaro pubblico verso la Sanità e quindi anche verso le farmacie è pari a circa 120 miliardi all’anno e poiché il governo vuole asciugare questo flusso di circa sei miliardi, cioè circa il 5 per cento e poichè Regioni e farmacie dicono che con il restante 95% chiudono e si chiude, allora prenderli in parola. Cioè ritirare il 95% restante, quei 114 miliardi circa e vedere l’effetto che fa. Se allora Regioni e farmacie chiedessero, corressero a un “tavolo” per ricominciare discutere, vorrebbe dire che avevano bluffato e recitato la commedia delle lacrime. Se non dovessero correre a quel tavolo vuol dire che dicevano la verità e con il 5 per cento in meno chiudevano. Peccato che non si possa fare, che nessuno se la senta e possa in Italia di pronunciare quel “vedo”, quel “fammi vedere” a risposta di chi grida, piange e minaccia “chiusura”.