ROMA – Il Portogallo da salvare, la Libia da bombardare e il nucleare da ripensare. Sono i tre temi portanti del vertice Ue in programma a Bruxelles tra il pomeriggio di giovedì e la mattinata di venerdì. Un incontro che, più di altri, si presenta carico di tensioni e occasioni di scontro.
Non a caso, all’arrivo dei big, gli occhi sono tutti puntati su Nicolas Sarkozy. E’ lui, nel bene e nel male, il vero protagonista del vertice. Arriva a Bruxelles sapendo di dover fare un braccio di ferro, una sorta di uno contro tutti. Con pochissime speranze di venirne fuori come vincitore. Non a caso il Tg La7 osserva come, una volta tanto, Sarkozy non si presenti a “braccetto” con Angela Merkel. Tra Germania e Francia, infatti, è gelo. Sarkozy ha avuto fretta, ha voluto bombardare subito e ha provato a tenere fino all’ultimo da solo le redini dell’operazione. La Germania ha detto no, ha preso navi e bagagli e le ha riportate a casa. Poco dopo le 20 arriva la notizia che tutti si aspettano, ancora non ufficiale ma certamente già decisa. Il comando delle operazioni militari in Libia passa alla Nato, Sarkozy deve cedere. La staffetta è prevista per lunedì prossimo, al massimo martedì. Passaggio inevitabile quando, nel pomeriggio, è apparso chiaro che anche la Turchia era d’accordo.
Ma le tensioni non finiscono con i raid in Libia. Ad alimentarle c’è la questione nucleare, con tutti gli strascichi causati da quanto accaduto a Fukushima. Germania. Il tema della sicurezza delle 143 centrali europee è stato infatti inserito all’ordine del giorno del Consiglio europeo su richiesta di Angela Merkel e del collega austriaco Werner Faymann. Per rassicurare l’opinione pubblica tedesca, la Merkel, nei giorni scorsi, ha annunciato la chiusura definitiva degli impianti più vecchi e ieri si è espressa in favore di un’uscita dal nucleare il prima possibile.
Una posizione su cui la Francia, dove sono attive ben 59 centrali, non è assolutamente d’accordo ed è pronta a dare battaglia. Parigi non è favorevole anche all’ipotesi, avanzata dal commissario Ue all’energia, il tedesco Guenther Oettinger, di ridimensionare il ruolo preponderante di controllo sul nucleare oggi in mano alle autorità nazionali. Il Consiglio europeo, secondo quanto si legge nella bozza delle conclusioni, dovrebbe ribadire l’opportunità di condurre stress test sulle centrali al fine di verificarne la sicurezza e dovrebbe dare alla Commissione il mandato di rivedere l’attuale assetto normativo proponendo le modifiche che dovessero risultare necessarie.
Neppure sugli stress test, però, sembra esserci l’accordo. Londra, per esempio, non ne vuol sapere e sembra intenzionata a chiedere esplicitamente di essere esentata. Ai britannici, insomma, Fukushima non fa paura visto che il programma del Regno Unito è quello di realizzare altri 8 impianti a breve.
In tutto questo, la drammatica situazione del Portogallo finisce per essere la più indolore, almeno per quanto riguarda le tensioni tra paesi Ue. L’Europa sa di dovere intervenire mettendo mani al portafogli e lo farà, anche perché l’alternativa è quella di rischiare “l’effetto contagio” anche in Spagna. Il premier portoghese è stato salutato con affetto dai colleghi: è un commiato. Tornerà a casa portando soldi, ma non ha più il governo. Si è dimesso ieri sera dopo che il Parlamento ha detto “no” al suo piano di austerity. Pochi minuti dall’inizio del vertice, poi, piomba sul tavolo la notizia che l’agenzia Fitch ha tagliato il rating del Portogallo ad A-, non escludendo un’ulteriore colpo di scure. A questo punto, quella di un piano di aiuti Ue-Fmi per salvare Lisbona dalla bancarotta non è una mera ipotesi. Serve, però, una richiesta di aiuto formale. A sentire le dichiarazioni dei vari leader, l’Europa è ormai pronta a intervenire, attraverso lo European financial stability facility (Efsf), l’attuale Fondo salva-Stati. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, si spinge a fare anche delle cifre: quella di 75 miliardi di euro – ha spiegato – è una somma ”appropriata” per aiutare Lisbona.
Intanto, fuori dal vertice, sono state botte da orbi. C’erano migliaia di lavoratori in corteo, tutti in piazza a protestare contro “i costi sociali della crisi”, ovvero a cercare di far capire che, tra un piano di austerity e una raffica di tagli, finiscono per pagare sempre loro. Sono volati i sanpietrini e la polizia ha risposto con gli idranti.
