
L’Italia ”non è qui per accettare ricatti”. Il ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, ha subito chiarito al suo arrivo nella sede del Consiglio europeo a Bruxelles.
In ballo c’è la controversa questione delle lingue da usare per il brevetto europeo. Il ministro ha reagito alla lettera inviata la notte scorsa dalla Gran Bretagna che, con l’appoggio di altri quattro Paesi, vuole una ‘cooperazione rafforzata’ sull’argomento scavalcando l’Italia: ”Non si tratta con la pistola sul tavolo”.
“Siamo qui per fare un accordo – ha detto il ministro – non per accettare ricatti”. Il Consiglio straordinario si tiene allo scopo di approvare una proposta di compromesso presentata dalla presidenza belga, secondo la quale – allo scopo di semplificare le procedure e ridurre drasticamente i costi – i brevetti validi sull’intero territorio della Ue possono essere presentati dalle aziende in una delle tre lingue principali (inglese, francese e tedesco) ma con il supporto, per un periodo transitorio da definire, di un meccanismo di traduzione a basso costo in un’altra delle lingue dei 27 paesi. La proposta britannica di ‘cooperazione rafforzata’ tra un numero ristretto di paesi ha il tono di una forzatura politica a fronte del veto minacciato da Italia e Spagna, in vista di una riunione che, a partire dalle 16, si prevede che andra’ avanti a oltranza.
Il ministro Ronchi ha definito ”per noi inaccettabile” il principio del ‘trilinguismo’ ma ha lasciato aperto uno spiraglio alla proposta della presidenza belga: ”Vediamo l’ultima stesura. Noi siamo qui per trovare un accordo che possa garantire le imprese. Ci sono documenti molto importanti delle confindustrie europee: noi siamo in linea. La nostra strategia è ben chiara: vogliamo un accordo, ma che non sia penalizzante per l’Italia.
