14 novembre
La strategia di Berlusconi si andava delineando con maggiore chiarezza: approvare la Finanziaria prima di affrontare il voto del Parlamento.
Sempre Lorenzo Fuccaro sul Corriere della Sera ha spiegato il motivo di questa scelta, attravers0 le parole del portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti: “Tutelare la stabilità dell’Italia di fronte ai rischi connessi alle nuove turbolenze sui mercati internazionali”. Un’allusione che testimonia la preoccupazione che serpeggia nell’esecutivo a proposito del collocamento dei titoli di Stato, qualora i conti pubblici non fossero tenuti sotto controllo”.
L’altra “spada di Damocle” sulla testa del premier era rappresentata dalla volontà della Lega, che avrebbe voluto rinviare il più possibile il voto sulla fiducia (e quindi la possibile caduta del governo). L’intenzione del Carroccio era (ed è) quella di posticipare eventuali elezioni, dopo l’approvazione del federalismo fiscale. Il concetto è stato ribadito da Mario Sensini sul Corriere: “La Lega riveste oggi un ruolo chiave nell’orientare le sorti della crisi politica e intende giocarlo fino in fondo. Un po’ perché a Bossi serve per tentare di prefigurare il futuro assetto della coalizione, un po’ perché con la fine anticipata della legislatura la Lega sarà costretta ad ammainare la bandiera del federalismo fiscale”.
La Lega dunque avrebbe spinto affinché il governo sopravvivesse il più a lungo possibile. Una posizione comune a quella del ministro dell’Economia Giulio Tremonti (che è il vero “allaccio” tra il Carroccio e il Pdl). Ha continuato infatti Sensini che “Tremonti ha confermato la sua fedeltà . Nessun interesse, come il ministro ha sempre detto ai suoi collaboratori più stretti, non solo a guidare, ma neanche a far parte di un governo che non fosse affidato allo stesso Berlusconi”.
Ma ci sarebbe stato anche un altro pensiero che avrebbe turbato negli ultimi tempi Berlusconi. Lo ha sottolineato Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera: è la paura di restare solo, visto che la sua “corte” ha cominciato a “scricchiolare”. “La solitudine politica che il premier ha costruito giorno per giorno intorno a sé, imitato da troppi suoi collaboratori. L’avventura berlusconiana, partita all’inizio con un cospicuo capitale di attese e di fiducia (perfino da parte di molti nemici) si è progressivamente chiusa in se stessa, ha tagliato i ponti con tutti i settori significativi della società , ha stupidamente decretato avversione e ostracismo ad un numero sempre crescente di persone: in pratica tutte quelle della cui fedeltà ed obbedienza pronta, cieca e assoluta, non si fosse arcisicuri”.
Secondo Galli Della Loggia, inoltre, il presidente del Consiglio non ha saputo volgere a proprio favore le caratteristiche che lo hanno reso “naturalmente” leader, anzi l’esasperazione di questi caratteri è diventata un boomerang: “Il berlusconismo avrebbe potuto facilmente — e magari anche abusivamente, se si vuole — intitolare a se stesso tutto ciò che in Italia non era di sinistra. Non solo non ha voluto o saputo farlo. Ha fatto il contrario: ha regalato alla sinistra tutto ciò che sentiva o sapeva non essere intrinsecamente suo. Estraneo fin dalle origini alla socialità politica di gruppo in quanto nato dalla felice intuizione di un uomo solo, di un capo, invece di correggere tale vocazione primigenia alla solitudine e all’obbedienza gerarchica, è andato esasperandola.
15 novembre
E’ il giorno in cui i ministri e sottosegretari di Futuro e Libertà hanno rimesso i propri incarichi di governo. Quella mattina Marco Galluzzo sul Corriere della Sera aveva tracciato un’analisi delle possibili strategie berlusconiane alla luce dell’inevitabile voto sulla fiducia in Parlamento (che infatti sarà annunciato il 16). Ha spiegato Galluzzo che “se il Senato sosterrà di nuovo l’esecutivo, a distanza di poco più di un mese dall’ultima volta, qualsiasi cosa diversa dal ritorno alle urne, in caso di sfiducia alla Camera, verrà denunciata come nient’altro che un golpe”.
D’altronde, Galluzzo ha sottolineato che la sicurezza ostentata da Berlusconi è derivata essenzialmente dall’insicurezza dei suoi avversari. Il concetto è spiegato attraverso le parole del portavoce del premier, Paolo Bonaiuti: «Se Berlusconi è veramente finito come ormai sostengono tutti non si capisce perché a sinistra non chiedano il voto, dovrebbero stravincere!».
Ma Berlusconi, secondo Galluzzo, “punta ad arrivare a gennaio ancora in carica, perché «per tutto il resto il tempo è scaduto». A quel punto, se gli dovesse riuscire, lo spettro di un governo di transizione sarà forse stato esorcizzato”.
