Sono le nove di sera dello stesso giorno. Obama, Sarkozy, Cameron e la Merkel sono in video conferenza. Berlusconi non c’è, non è collegato, non l’hanno chiamato. Discutono di Libia, anche con la Merkel che dall’intervento in Libia ha chiamato fuori la sua Germania. La Merkel e non Berlusconi. Perchè di Berlusconi sulla Libia non si fidano, anche se l’Italia è “dentro” l’intervento. L’Italia ha detto che c’è ma non spara, che Gheddafi ha chiuso ma anche no. Che “bisogna trattare con tutte le tribù”, che “ci vuole la riconciliazione nazionale”. Insomma l’Italia che prova a stare con un piede in tutte le scarpe è inutile sentirla, tanto non fa quel che dice, non dice tutto quel che fa e fa e dice tutto e il suo contrario. Frattini in tv dice che non è né “schiaffo” né sgarbo, che va bene così. E che altro doveva dire? “Poveraccio” lui a dover incarnare una politica estera che guizza e sguscia come un’anguilla. E’ una serata che ci dà la misura e il calibro del nostro peso e credibilità internazionali, misura e calibro da “poveracci”.
La sera si inoltra verso la notte: altri protagonisti della vita pubblica si affacciano nelle cronache e negli approfondimenti: Bocchino che si scusa con la moglie, Carfagna che non si scusa e dice di doverne parlare non con la Buontempo o con i giornali ma solo con il futuro marito, prima di diventare la signora Mezzaroma. La Mussolini che chiede alla Carfagna atto di contrizione pubblica. Un matrimonio, una relazione extra coniugale, un disvelamento, un pentimento, reciproci imbarazzi. Una storia privata e normale promossa a sceneggiata da “poveracci”. E poi stasera, stanotte torna sugli schermi Marina Villa, la finta terremotata aquilana. E’ andata nella tv di Rita Dalla Chiesa a dire che il governo è stato angelo risolutore a L’Aquila e dintorni. Ma era una recita, lei abita e vive altrove. Rita Dalla Chiesa spiega: “Mica possiamo chiedere la carta di identità a tutti quelli che arrivano in trasmissione”. Ah, ecco spiegato. Comunque quella di Marina Villa è stata una recita da “poveracci”: 300 euro. E da “poveracci” spiegazioni e imbarazzi successivi.
Solo dodici ore, una mezza giornata. Due “popoli” striminziti e finti in gran vena di reciproce e opposte pagliacciate. Un premier che finge di offrire il petto a un interrogatorio che sapeva bene non esser previsto. Le sue barzellette, le sue battute sulle donne. Giornalisti e cameramen questuanti e pressanti fino alla reciproca calca, uniti nel raccontare evento “epocale”. I leader dei paesi occidentali che fanno a meno del nostro per palese e conclamata inaffidabilità. Una storia di corna in tv, alla voce “politica”. Una recita da tre soldi sui terremotati. Una mezza giornata da “poveracci”. “Poveraccio” non è nella lingua italiana chi non dispone di reddito. “Poveraccio” non è neanche un’offesa, è parola che si pronuncia non con questo intento e significato. “Poveraccio” si dice quando di persone e situazioni si ha compassione. Compassione per l’irreversibilità di persone e situazioni. Irreversibilità compassionevole: è questa la misura della vita pubblica italiana.