Non così la seconda, quella a casa di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl. Alla cena o pranzo che fosse, più di un incontro c’è stato, erano invitati e present Flavio Carboni, condannato per bancarotta, Marcello Dell’Utri, condannato anche in appello per favoreggiamento ad attività mafiose, tal Martino politico campano ex socialista condannato anche lui e infine un magistrato, Martone, dimessosi di fresco dopo che cene e pranzi sono diventati di pubblico dominio e oggetto di indagini della magistratura. Magistratura che ipotizza una sorta di nuova P2, un’associazione segreta di affari e trame. Facciamo per comodità che la magistratura si sbagli, facciamo che non c’è reato alcuno. Resta la legittima cuoriosità : a quale “normalità ” appartiene l’incontrarsi tra un leader nazionale del Pdl, tre condannati da altrettanti Tribunali e un magistrato? Mettiamo che non abbiano in quelle cene lavorato a spillare leggi e tangenti sugli impianti eolici in Sardegna (sia detto per inciso quel meccanismo di finanziamento pubblico che sanamente Tremonti sta provando a smontare con l’opposizione di fatto purtroppo unita di tre quarti del Pdl e pure del Pd e della sinistra ambientalista). Mettiamo che non provassero a piazzare uomini loro a far sentenze, che nulla sapessero del falso dossier a carico di Caldoro del Pdl per non farlo diventare candidato Governatore della Campania. Dossier che inventava lui fosse “come Marrazzo”, uno che va a trans. Mettiamo che non lavorassero di sponda con l’assessore Sica (si è dimesso ieri dalla giunta campana dicendo a Caldoro di essere “l’ultima ruota del carro” che fabbricava dossier). Mettiamo che non fossero in pool con Cosentino, avversario dentro il Pdl di Caldoro, Cosentino coordinatore campano e sottosegretario al governo raggiunto da mandato di cattura per supposta contiguità di interessi con i “casalesi”.
Mettiamo tutto questo e diamolo per buono, anche se ci vuole per farlo molta indulgente fantasia. Resta ancora la domanda: è “normale” la “Cena dei condannati”, va accettata come normale attività politica e di relazione quella di Verdini che mette a tavola tre pregiudicati su quattro?
Uno dice: coincidenze. Scajola che gli comprano la casa “a sua insaputa”. Lunardi che il Vaticano gli vende un palazzo alla metà del valore. Brancher “ministro dell’imbarazzo” sotto processo per aver incassato soldi dalla Antonveneta. E coincidenza che Verdini spunti e rispunti in quasi tutte queste storie di cronaca e affari. Mettiamo che siano coincidenze, certo sono coincidenze “convergenti”, convergono verso un gruppo, un ceto, una cerchia che abita ai piani alti e altissimi del Pdl.
Per fortuna non c’è solo il Pdl, c’è la Lega. Quella che con Bossi, padre e figlio, difende una settantina di allevatori che non vogliono pagare una lira e un euro di multa. Lira ed euro perchè non pagano da venti anni. Tutti gli altri hanno pagato, gli altri allevatori. E tutti gli altri italiani sotto forma di tasse per pagare i miliardi che è costato all’Italia non far pagare i rumorosi morosi. Ma Bossi padre e figlio dicono: “Chi se ne frega dell’Europa, del ministro Galan e di tutti gli altri, quei settanta sono nostri e quindi non pagano”. Per fortuna che c’è la Lega.
E per fortuna che c’è l’opposizione, il Pd e la sinistra di Vendola e Di Pietro. Tutti acquattati e in fila dietro la più sballata delle richieste, pretese, dietro la peggior barricata del “resistere”. Sinistra sponsor mansueta, complice e palo del rifiuto delle Regioni a tagliare neanche il tre per cento della loro spesa complessiva. Tutti allineati dietro la bugia che sarebbero solo e soltanto tagli ai “servizi sociali”.
Si può dunque scegliere, il menù delle cene e dintorni è ampio e vario. C’è la “Cena delle vanità ”, quella dei “Condannati”, quella dello “Statista Verde” e quella della sinistra della bancarotta. Le ultime due hanno la forma del comizio o della manifestazione di protesta, inquietano meno, anzi per nulla. Ma sono a loro modo anch’esse “cene” in cui non si cucina né si serve alcuna pietanza che contenga il sale della speranza.
