L’altro sondaggio piovuto sulla testa dei candidati, quello firmato da Rutelli e prospettato a Genova dal commissario dell’Api regionale, un altro prof di Economia, Gb Pittaluga, già assessore alle Finanze prima nel centro-destra, poi nel centrosinistra e oggi occhieggiante verso Marta Vincenzi e il suo entourage pensante, ha invece strapremiato la signora sindaco, che volerebbe addirittura al 54 per cento, davanti a un Musso molto ridimensionato dal 13,8, superato anche da quel Michele Scandroglio del Coordinamento Regionale Pdl, che porterebbe la Destra al 24,6. Peccato che il sondaggista è la società Tecnè dell’ex consulente per l’immagine di Romano Prodi, Carlo Buttaroni, ingaggiato anche dalla Vincenzi, che infatti, sta conducendo una campagna mediatica di fuochi artificiali da quando il nuovo esperto le cura l’immagine.
Secondo questa indagine, che sembra targata Vincenzi, Genova applaude alla propria qualità della vita. Dulcis in fundo è arrivato anche il sondaggio lanciato da una delle radio più seguite a Genova, Babboleo, che ha rimesso i conti in pari tra Vincenzi e Musso, garantendo un finale al ballottaggio che ha pochi precedenti nella roccaforte rossa di Genova, dove l’ex sindaco Pericu nel 2002 sfiorò il 70 per cento, ovviamente al primo turno.
Il florilegio dei sondaggi, tutti rigorosamente realizzati con mille interviste telefoniche, metodo Cati, in un arco spaziale di due giorni nel mese di aprile, ha stupito soprattutto perché manca in ognuno di essi la vera sfida, quella tra il candidato del centrosinistra e quello del centrodestra. L’outsider Enrico Musso viene, infatti, considerato da tutti in una terza posizione, un ruolo quasi civico, capace di catalizzare consensi indifferentemente a Destra e a Sinistra. Ma il centrodestra, il Pdl su chi convergerebbe e, quindi, quale credibilità ha un sondaggio che non considera la scelta del secondo partito in campo, elencando un mazzo indifferenziato di candidature, scelte sulla base dei chiacchiericci e delle autoproposizioni?
A Genova tutti tendono l’orecchio verso Imperia per capire se l’ex ministro Claudio Scajola, il leader berlusconiano, si pronuncia, distogliendosi dalla sua battaglia nel cuore Pdl tra ultimatum a Berlusconi, cene con i suoi adepti della Fondazione Cristoforo Colombo e grane giudiziarie nel porto di Imperia, per annunciare il nome di un candidato da schierare. Ma il deputato a chi gli gira la domanda risponde, come ha fatto con Blitz qualche mese fa: “Prima bisogna pensare all’Italia, poi penseremo a Genova”.
Se non ci pensa lui, chi farà la mossa oggi che la battaglia di Genova sembra per una volta abbordabile dal centrodestra dopo decenni di impero della Sinistra? I cosidetti poteri forti della città sembrano seriamente preoccupati, soprattutto per le indecisioni istituzionali sui problemi chiave di Genova e del suo sviluppo. La Superba appare una città strangolata infrastrutturalmente: da trent’anni non si costruisce nulla di nuovo, né autostrade, né gallerie, né tangenziali, né tunnel, né ponti e mentre non si sanno più dove accatastare i container scaricati dal porto, il nodo autostradale e quello ferroviario stanno stringendosi intorno al collo delle comunicazioni.