Latte “nero”, nero di evasione fiscale e contributiva, nero per decenni. E due miliardi e settecento milioni di euro di tasse fatti pagare agli “altri”, a tutti i contribuenti italiani che non fanno gli allevatori e non si sono avvalsi della protezione “padana”. Prima di affidarsi alla noia e all’indifferenza quando si leggono o si ascoltano le due paroline “quote latte”, è utile e istruttivo conoscerne la storia, una storia che ha “messo le mani in tasca agli italiani”, mani leghiste.
A nome di tutta la Lega ancora il 12 luglio 2010 Sebastiano Fogliato, membro della Commissione agricoltura della Camera, così la raccontava e metteva: “Preferisco che i miei figli bevano il latte della Bassa o del Piemonte, piuttosto che il latte lituano”. E come si fa a dargli torto? I bambini, il latte di casa, il lituano invasore… Messa così non c’è gara tra gli allevatori che non vogliono sottomettersi alle “diavolerie europee” e si rifiutano di pagare “multe” solo per aver fatto il loro lavoro, anzi la loro missione di mungere e imbottigliare. Ma se Fogliato, il leghista Fogliato, avesse detto: “Preferisco che come succede da venti anni e passa siano gli altri italiani a pagare al posto degli allevatori, preferisco che i padani se la cavino, che venga loro condonato ogni imbroglio a spese del fisco”, allora diversa sarebbe la reazione della pubblica opinione. Se avesse detto così, avrebbe detto la verità , la verità scritta senza ombra di dubbio nei fatti e nei numeri.
La storia delle quote latte comincia nel 1984. L’Unione europea decide di assegnare una quota di produzione ad ogni paese. La quota serve per tenere il prezzo del latte a un livello giudicato remunerativo per tutti gli allevatori europei, italiani compresi. Se ognuno produce quanto latte vuole, il prezzo cala e le aziende vanno in crisi. Però all’Italia viene assegnata una quota di produzione molto bassa, circa la metà di quanto effettivamente prodotto. A quel tempo è ministro dell’agricoltura il democristiano Filippo Maria Pandolfi, perchè negozia così male e al ribasso la quota italiana, mettendo moltissimi dei settantamila circa allevatori italiani in condizione da dover pagare le multe per la produzione fuori quota? E’ fesso Pandolfi, sono cattivi e prepotenti gli altri europei? No, è più semplice, drammaticamente semplice: l’Europa ci assegna la quota che noi italiani denunciamo, ci danno quel che dichiariamo, il resto infatti lo produciamo in nero. Sta scritto nelle carte e lo ha ripetuto papale-papale il 12 luglio del 2010 il ministro italiano all’agricoltura Galan.
Dichiariamo il falso e andiamo in sovra produzione sistematica di latte. Quindi l’Europa ci multa, anzi multerebbe gli allevatori che sforano le quote. Multe per tre miliardi e passa di euro in venti anni. Sottoposti a questo salasso gli allevatori italiani, anche se colpevoli di produzione in nero, andrebbero falliti. Non si può fare e non si fa: i tre miliardi li paga lo Stato, il fisco, le tasse, le tasche di tutti gli italiani. Infatti in venti anni di quei tre miliardi e passa gli allevatori restituiscono e pagano circa trecento milioni. Quindi, conti alla mano, gli allevatori che invadono strade con trattori, protestano e si dichiarano vittime, ottengono due miliardi e settecento milioni di sovvenzioni pubbliche.
Non pochi e infatti la maggior parte di loro si placa, ha ottenuto di pagare in comode rate il 10 per cento delle multe. La collettività si è fatta carico di tutto, anche del loro produrre in nero. Ma una settantina, sì settantasei per l’esattezza, chiede, esige di non pagare. E ottiene che la Lega faccia scrivere un emendamento alla manovra Tremonti dove si legge che loro non pagano, non a giugno 2010 come dovrebbero. Se ne riparla a fine anno, forse. L’Europa comunica ovviamente che se non pagano, se il governo italiano li autorizza a non pagare, arriveranno per l’Italia altre multe. Decine di milioni di euro se non di più, i settantasei sono quasi tutti grandi produttori, che si aggiungeranno ai tre miliardi già pagati dallo Stato. Perchè non è vero che nessuno paga, paga tutta l’Italia, pagano tutti i contribuenti e pagano anche gli altri allevatori. Infatti l’Europa si fa pagare trattenendo quanto dovuto dall’Italia dalle sovvenzioni comunitarie all’agricoltura.
Ma i settantasei sono “padani”, Renzo Bossi, figlio di Umberto e di fresco investito da papà della successione dinastica alla guida della Lega, promette loro che non pagheranno. Marco Reguzzoni, capo gruppo leghista alla Camera rivendica: “Noi difendiamo i nostri”. Galan, ministro dell’Agricoltura chiede al Parlamento italiano “un minimo di dignità ”, insomma di non far la figura davanti all’Europa di quelli che coprono “i furbi e i prepotenti”. Galan spiega che Berlusconi gli ha detto di non continuare a “coprire e nascondere”. Quindi racconta: il nero, la tassa “padana” fatta pagare a tutti gli italiani, quel Fabio Rainieri deputato leghista che ha “venduto e incassato” le sue quote latte e continua a produrre fuori quota.
A suo tempo gli allevatori in lotta contro le quote latte, bandiere verdi al vento, coprirono di merda lanciata con potenti pompe idrauliche poliziotti e carabinieri. Adesso della stessa materia provano a coprire tutti gli altri italiani che pagano le tasse. Una domanda per la Lega, cui la Lega non risponderà : se è osceno e insopportabile che i “padani” paghino in forma di tasse il costo degli impicci e sprechi della Sanità al Sud, se questo è “letame assistenziale”, di cosa odora la pretesa che tutta Italia paghi sotto forma di tasse impicci e sprechi degli allevatori “padani”?