Hanno affollato le piazze e le strade, si sono scontrati con la polizia, e anche ora che la riforma Gelmini è slittata a dopo il 14 dicembre, gli studenti di tutta Italia continuano a manifestare e a occupare le facoltà . Ma cosa ha acceso la scintilla? E’ solo la riforma Gelmini o c’è dell’altro? Secondo un sondaggio dell’Osservatorio sul Capitale Sociale di Demos-Coop, condotto nei giorni scorsi, è la paura per il futuro che spinge di più i giovani a protestare. E non è tanto la riforma Gelmini in sé a destare tanta rabbia, quanto la situazione generale di Università e scuole italiane.
Circa il 60% del campione, infatti, ritiene che negli ultimi dieci anni l’università italiana sia peggiorata. Lo stesso giudizio viene espresso dal 70% (circa) riguardo alla “scuola” nel suo complesso. Metà degli italiani, peraltro, ritiene che la riforma delineata dal ministro Gelmini peggiorerà ulteriormente la situazione, un terzo che la riqualificherà .
La fiducia nella scuola, negli ultimi dieci anni, è quindi crollata: dal 69% al 53%. Sedici punti percentuali in meno. Un quarto dei consensi bruciato in un decennio. Per diverse cause e responsabilità , secondo i dati dell’Osservatorio Demos-Coop. Due su tutte: la mancanza di fondi e di investimenti (32%), lo scarso collegamento con il mondo del lavoro (22%).
Ed ecco perché c’è tanta adesione alle proteste contro la riforma. Un’adesione espressa dal 55% degli italiani, che arriva fino al 63%, tra coloro che hanno studenti in famiglia. E dal 69% fra gli studenti stessi. Il consenso alla protesta studentesca diventa, non a caso, quasi unanime in riferimento alla carenza di fondi alla ricerca (81%). Mentre è più circoscritto (per quanto maggioritario: 53%) riguardo alle occupazioni.