Se per il ministro Roberto Maroni è un “incidente”, quello successo sul peschereccio Ariete mitragliato dai libici è un atto consapevole per il comandante Gaspare Marrone: “Hanno sparato, sapevano chi avevano davanti”. Per il vescovo di Mazara del Vallo della Cei, monsignor Domenico Mogavero “è una vera e propria inerzia del governo”.
Questo presunto malinteso, frutto di un “incidente che non doveva accadere”, come lo definisce il ministro, per chi ha rischiato di essere colpito dagli spari, come Marrone, è ben altro: “Ma quale incidente, Maroni dica quello che vuole. Ma non possono averci scambiato con una barca di clandestini o con altro. Io ho parlato con il comandante della nave libica in Vhf e gli ho detto con chiarezza che eravamo italiani e che stavamo lavorando… Ora è chiaro, su quella nave c’erano nostri militari della Guardia di finanza quando io ho mi sono rivolto a quell’uomo che parlava perfettamente la nostra lingua, gli ho chiesto se fossero italiani. Mi ha detto che era un guardacoste libico, se mi avesse detto che era italiano avrei subito fermato le macchine”, ha aggiunto.
Per il ministro degli Esteri Franco Frattini, invece, se i libici sapevano su chi sparavano, come afferma Marrone, anche il comandante “sapeva di pescare illegalmente”.
Per il presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici, Mogavero, la storia ancora poco chiara del peschereccio fa solo scoprire un problema di fondo: di chi sono quelle acque, quelle del Mediterraneo, quelle del Golfo della Sirte fra Libia e Tunisia, dove è avvenuta la sparatoria? “La Libia rivendica per sé 72 miglia di acque territoriali, il diritto internazionale ne riconosce solo 12 miglia e quindi il problema rimane insoluto perché nessuna delle due posizioni è raccordabile”, continua Mogavero.
Per Maroni è stato uno sbaglio, sarebbero stati scambiati per clandestini. Ai clandestini è legittimo sparare allora (?) si chiedono in tanti. In prima fila parla chi sul peschereccio c’era, insieme ad altre nove membri dell’equipaggio. Giuseppe Asaro fa l’armatore, era sul motopesca di Mazara del Vallo: ”Ma che ai clandestini si prende e si spara? E poi come si fa a scambiare un gioiello di motopesca, come è appunto l’Ariete, per uno zatterone di clandestini e poi mitragliarlo? ”.
Lui non è convinto della versione dei fatti data dai libici. ”Ci hanno intimato l’alt per farci attraccare in un porto libico. Il capitano non si è fermato, perché ha avuto paura che il motopesca, una volta arrivato in porto, venisse sequestrato e l’equipaggio, di conseguenza, arrestato ed imprigionato. A quel punto dalla motovedetta libica hanno cominciato a sparare contro il nostro motopeschereccio. L’equipaggio, stando a quanto mi è stato riferito dal capitano e dal direttore di macchina, si è rifugiato nella sala macchine e, grazie al cielo, nessuno è rimasto ferito”.
”Dopo quanto accaduto i libici si sono scusati dicendo che avevano scambiato il nostro motopeschereccio per uno zatterone di clandestini. Ma come si fa, mi domando, a scambiare l’Ariete, un vero e proprio gioiello di motopesca tutto colorato di verde, per uno zatterone di clandestini? Ma – ha aggiunto – anche volendo credere a questo, che si fa si prende e si spara ai clandestini? No, non mi convince. Per me si tratta solo di scuse belle e buone”.
Intanto la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per tentato omicidio plurimo.
