Algeria ed Egitto sono regimi militari di fatto, ma formalmente guidati da civili. Un elemento importante, da non sottovalutare perché le scene di scontri e crisi politica a Tunisi potrebbero riproporsi anche ad Algeri e al Cairo, con l’aggravio di maggiori spinte fondamentaliste di matrice islamica.
Quando era in corso la cacciata di Ben Ali a lanciare l’allarme era stato Tarek Ben Ammar, socio di Berlusconi in Nessma Tv. Aveva parlato di tre elementi di grande preoccupazione in Nord Africa: “una massa enorme di giovani diplomati, disoccupati e disperati; dirigenti politici vecchi e indeboliti, ormai alla fine del loro percorso; la pressione crescente del fondamentalismo islamico”.
Poi il politologo Dominique Moisi, dell’Istituto francese per le relazioni internazionali, ha rafforzato la sua convinzione nei confronti dei regimi intossicati, dello strapotere dei rais e dello stallo nei confronti del futuro.
“In tutti i Paesi della regione la gente, soprattutto i giovani, hanno seguito grazie ai mille strumenti che rendono l’informazione ormai incontrollabile, quanto è accaduto in Tunisia”. Per lui quindi i paesi più esposti sono proprio Algeria ed Egitto, società “in cui di fatto la libertà di espressione non esiste, di poteri sclerotizzati, con tassi di corruzione e di disoccupazione giovanile molto alti. In più rispetto alla Tunisia ci sono spinte fondamentaliste molto forti”.