TEHERAN – Lo scienziato nucleare iraniano Shahram Amiri, da anni detenuto in gran segreto nelle carceri di Teheran, è stato giustiziato, impiccato. Molto probabilmente insieme ai tanti condannati a morte saliti sul patibolo alcuni giorni fa.
La prima a dare notizia della morte di Amiri è stata la madre, raccontando ai media di aver riavuto il corpo di suo figlio con i segni di una corda attorno al collo. Poi è arrivata la conferma ufficiale dell’esecuzione, per bocca di un portavoce del ministero della giustizia iraniano citato dall’agenzia di stato Irna: Amiri, che aveva 40 anni, “ha fornito al nemico informazioni vitali sul Paese”. Il nemico è, nello specifico, l’America, gli Stati Uniti. E la presunta attività di spionaggio risale a molto prima dello storico accordo sul programma nucleare iraniano. Almeno al giugno 2009, quando Amiri scomparve per la prima volta in coincidenza con una serie di uccisioni le cui vittime furono scienziati ed esperti collegati al programma atomico di Teheran.
L’Iran ha sempre accusato di queste morti gli Usa e Israele. Fatto sta che dal 2009 la vicenda di Amiri è stata costantemente avvolta da un fittissimo mistero. La sua scomparsa avvenne durante un pellegrinaggio alla Mecca. Lo scienziato riapparve poi all’improvviso 13 mesi dopo, nella sezione di interessi iraniana a Washington, presso l’ambasciata del Pakistan.
Al suo rientro a Teheran denunciò di essere stato rapito dalla Cia che lo aveva sottoposto a “intense pressioni psicologiche per fargli rivelare informazioni sensibili” e raccontò di essere riuscito a scappare. L’amministrazione Obama ha invece sempre sostenuto che Amiri si era trattenuto nel Paese di sua volontà.
Il suo arresto a Teheran risale al 2011, seguito da un processo per tradimento di cui non si è mai saputo nulla. E da allora Amiri è ‘scomparso’, detenuto in una località segreta. Ora il suo caso potrebbe tornare a infiammare la campagna elettorale americana, con la destra che ha sempre criticato aspramente Barack Obama e la sua ex segretario di Stato Hillary Clinton per l’accordo raggiunto con l’ex ‘Stato-canaglia’. E alla luce della vicenda imbarazzante dei 400 milioni di dollari versati al governo di Teheran dall’amministrazione Obama quando nel gennaio scorso furono liberati quattro prigionieri Usa detenuti in Iran.