Dopo nove mesi dalle ormai lontane ultime elezioni, l’Iraq ha da oggi un nuovo governo: guidato dallo sciita Nuri al Maliki, già premier nella passata legislatura, l’esecutivo di ”consenso nazionale” è formato da ben 42 ministeri, tredici dei quali ancora da assegnare, e dovrà ora affrettare al massimo i tempi per elaborare quanto prima una strategia di bilancio e tracciare le linee guida per nuovi investimenti stranieri in ambito petrolifero.
Il voto di fiducia in aula era stato annunciato per ieri, 20 dicembre, ma consultazioni dell’ultim’ora hanno costretto il primo ministro incaricato a spostare ad oggi, 21 dicembre, la cerimonia di presentazione del suo programma e della sua squadra, a cui partecipano tutte le principali forze politiche del Paese, ciascuna sponsorizzata da almeno uno degli influenti attori regionali: Siria, Arabia Saudita e Iran.
Il premier Maliki deve però ancora sciogliere alcuni nodi cruciali e per il momento ha assunto ad interim i dicasteri-chiave di difesa e interno. Quello degli esteri è stato invece confermato al curdo Hoshiyar Zebari, mentre la guida degli affari petroliferi rimane di fatto nelle mani di Maliki: l’ex ministro sciita Hussayn Shahristani è promosso a vice premier per l’energia e il suo vice, Abd al Karim Luwaybi, da sottosegretario assume le redini dell’importante ministero.
Il principale rivale di Maliki, Iyyad Allawi, sostenuto dall’Arabia Saudita e che alle elezioni di marzo aveva sconfitto di misura il premier uscente guidando una coalizione ”laica” di ex baatisti, leader tribali sunniti e numerosi ”indipendenti”, ha avuto anch’egli la sua quota: Saleh al Mutlak, fino a pochi giorni fa bollato come ”baatista” e quindi non ammesso a ricoprire cariche amministrative, è stato sdoganato in extremis dal parlamento e da oggi siede a fianco di Maliki allungando la lista dei vice premier.
Un altro sunnita, Rafie Issawi, è stato nominato ministro delle finanze e già da domani dovrà lavorare sodo per elaborare la legge finanziaria che il parlamento attende di approvare da mesi. Numerose altre poltrone di governo sono state assegnate a esponenti dei principali partiti sciiti, uniti dal sostegno dell’Iran ma divisi a livello locale sulle rispettive quote di potere.
Nonostante le forte tensioni che hanno caratterizzato queste ultime settimane di negoziati e i timori di una ”guerra civile” paventata da più parti, la votazione odierna si è svolta in un clima piuttosto sereno: dopo aver letto il suo programma politico, Maliki è passato a nominare uno per uno i ministri mentre il presidente dell’assemblea invitava i deputati a esprimere la fiducia a ciascun membro del nuovo esecutivo con una semplice alzata di mano.
Al di là dei sorrisi e della retorica istituzionale, Maliki si è comunque detto cosciente delle difficoltà che lo attendono: ”Non posso dire che questo governo, con tutte le sue anime, soddisfi le aspirazioni dei cittadini ne’ quelle dei blocchi politici, perché è stato creato in circostanze straordinarie”, ha detto prima di ricevere la fiducia formale.
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