BAGHDAD (IRAQ) – Sangue e bombe scuotono l’Iraq nel giorno delle elezioni legislative per il rinnovo del parlamento, le prime dopo il ritiro delle truppe americane nel 2011. Il bilancio delle vittime è di almeno 10 morti e 20 feriti. L’episodio non è un caso isolato: solo nelle ultime 24 ore il numero delle vittime di attentati e attacchi armati in vista del voto era infatti già salito a 79. Una vera strage, perpetrata da quanti puntano a destabilizzare un Paese tormentato da violenze e tensioni interconfessionali tra sciiti e sunniti, in cui si mischiano elementi jihadisti, attivi a Falluja e Ramadi, nella provincia di Al Anbar.
Secondo quanto diffuso dall’agenzia di notizie irachena Nina, 5 delle vittime sono rimaste uccise dopo che un attentatore suicida si e’ fatto saltare in aria in un seggio elettorale vicino a Baijy, a nord di Baghdad. Altre due donne sono invece  morte in seguito allo scoppio di una bomba vicino a un seggio elettorale sempre nel nord dell’Iraq: lo ha reso noto un funzionario di polizia, mentre in un’altra zona settentrionale del Paese insorti hanno fatto evacuare un seggio elettorale prima di farlo saltare in aria,  riferiscono un poliziotto e un membro della commissione elettorale.
A 11 anni di distanza dalla caduta del regime di Saddam Hussein, l’Iraq si appresta a scegliere i 328 deputati in un clima tutt’altro che pacificato. Il primo ministro iracheno Nuri al Maliki, in carica dal 2006, è il favorito di queste consultazioni. Per i suoi sostenitori è l’unico in grado di sconfiggere gli estremismi religiosi e limitare le ingerenze straniere. Gli oppositori lo accusano invece di non essere riuscito a contrastare  la corruzione e di non aver favorito il miglioramento dei servizi pubblici.
Una regola non scritta, accettata dai partiti politici iracheni, prevede che in Iraq il primo ministro sia sciita, mentre i curdi controllano la presidenza e i sunniti la presidenza del parlamento. Attualmente Al Maliki risulterebbe l’unico sciita in grado di ricoprire la carica di premier, a differenza di quanto successe nel 2010 durante la campagna elettorale che lo vedeva contrapposto al suo rivale Iyad Allawi, più laico.