Obama e “Blago”. Lo stesso Obama, in un primo momento, è stato in qualche modo sfiorato dal caso. “Blago” come lo definiscono i quotidiani di Chicago, al momento di piazzare il seggio ha infatti parlato anche con Emanuel Rahm, capo dello staff di Obama, della destinazione del seggio. Ne è nata un’inchiesta interna che, però, sembra aver dimostrato la sostanziale estraneità di Obama ai fatti.
Negli Usa, però, sono in tanti i repubblicani che non la pensano così. E sui rapporti tra Obama e Blagojevich sono state scritte, in rete, migliaia di pagine. Solo per fare un esempio esiste un blog, evidentemente di area repubblicana e dal nome rivelatore “Obamaandblago.com”. Anche perché, durante il processo, Blagojevich avrebbe voluto tra i testimoni proprio il presidente degli Stati Uniti. Richiesta non accordata.
Una poltrona maledetta. Blagojevich, nella storia dell’Illinois è il quarto governatore a finire la carriera dietro le sbarre. Un notevole cambiamento, scrisse l’anno scorso il New York Times, per un politico che ha vinto la sua prima corsa elettorale nel 2002 dipingendosi come un riformatore che avrebbe ripulito la politica statale dopo che il suo predecessore, il repubblicano George Ryan, era finito in carcere con l’accusa di corruzione. Decisamente, quella di governatore dell’Illinois non sembra essere una poltrona fortunata. Blago rischia 300 anni, Ryan ne sta scontando sei e mezzo. L’attuale governatore, il democratico Patt Quinn è avvisato.
Sempre a proposito di poltrone: su quella del Senato che Blagojevich voleva vendere alla fine c’è finito un repubblicano. Si tratta di Mark Kirk che della sentenza ha detto: “Ci ricorda che nessuno è al di sopra della legge”.
E in Italia? Trasferita nel nostro Paese la vicenda Blagojevich suscita più di uno spunto di riflessione. C’è lo scandalo del politico corrotto ma c’è soprattutto la questione intercettazioni e lo scontro tra giustizia e politica. Solo che tutto, o quasi, va al contrario. Negli Usa è un pm “di destra”, il repubblicano Patrick J. Fitzgerald (a caldo ha definito la sentenza un “momento agrodolce”) ad aver insistito per ottenere il doppio processo, e sul banco degli imputati c’era un astro nascente della sinistra democratica. Quanto alle intercettazioni, sono state il cuore della battaglia processuale. Nessuno, però, ha pensato di non ammetterle o limitarle: la lotta tra gli avvocati è stata tutta di interpretazione delle parole di Blago. Sui giornali, però, le intercettazioni sono arrivate durante il processo.
Un’ultima differenza con l’Italia salta subito agli occhi: nel 2008, quando scoppiò lo scandalo, la House dell’Illinois votò sull’incriminazione di Blagojevich. Risultato? 114 voti a favore, uno contrario. Nel dubbio, insomma, la politica fa un passo indietro e lascia che il politico imputato dimostri la sua innocenza in aula. Se ci riesce.