ROMA – Il film Gravity che porta Sandra Bullock e George Clooney nello spazio arriva in televisione in prima serata l’8 febbraio dopo aver vinto 7 premi Oscar 2014 tra cui quello di miglior regia ad Alfonso Cuarón, migliore montaggio e migliori effetti speciali. Nonostante il film Gravity sia stato un successo e pluripremiato, l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ha spiegato che sono molti gli errori scientifici presenti nella pellicola. Errori perdonabili, d’altronde si parla di fantascienza, ma vivere nello spazio è ben altra cosa.
Era il 2013 quando Paolo Ricci Bitti sul Messaggero elencava e spiegava con l’aiuto della Cristoforetti tutte le incongruenze di Gravity, che è indubbiamente molto bello, ma non realistico come si potrebbe pensare:
“«E adesso, ok, ecco quello che volete veramente sapere» incalza l’astronauta. «Il film non è realistico per una serie di impossibilità fisiche. Volare da Hubble all’Iss con il jetpack? Andiamo, sono in orbite diverse: altitudini distanziate, velocità orbitali differenti, piani sfalsati. I calcoli per i trasferimenti orbitali fuori-piano possono darvi un mal di testa: non c’è nulla di intuitivo e serve molto propellente, non basta un minizaino con pochi minuti di autonomia. Per non dire dello spostarsi usando un… estintore: in realtà è vera quella pubblicità che diceva: la potenza è nulla senza controllo. E i satelliti geostazionari per le comunicazioni sono in orbita a 36mila km di altezza e non possono essere abbattuti da detriti che volano in orbita terrestre bassa».
C’è poi il momento più drammatico del film: è quando il veterano comandante George Clooney-Matt Kowalsky guarda per l’ultima volta negli occhi la specialista (e, al solito, strepitosa) Sandra Bullock-Ryan Stone e si suicida sganciandosi da essa per darle una possibilità di sopravvivenza. Solo un portento come Clooney poteva riuscire a darci tanti brividi con quegli sguardi a malapena intuibili da dietro il casco spaziale. Epperò spiega Samantha: «È, sì, di grande impatto emotivo vederlo fluttuare via nel nero infinito dello spazio sotto l’incantesimo di qualche forza magica ma, ehm, in realtà, non sarebbe accaduto niente, Clooney-Kowalsky avrebbe continuato a fluttuare restando proprio lì».
Nello spazio i movimenti degli astronauti attorno alle stazioni avvengono appunto a velocità ridottissima, senza rimbalzare qua e là come palle da rugby.
EFFETTI SPECIALI
Realizzato spendendo 80 milioni di dollari e utilizzando anche strabilianti filmati forniti (molto o poco scaramanticamente, fate voi) dalla stessa Nasa, il film “toppa” nella riproduzione di una delle parti più importanti delle stazioni: i portelli degli airlock (camere di compensazione, ndr). «La dottoressa Stone – scrive l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea – sembra facilmente in grado di fare irruzione in ogni veicolo spaziale grazie ai portelli che si aprono verso l’esterno. In realtà fuori non ci sono maniglie e i portelli si aprono verso l’interno, altrimenti non sarebbero molto sicuri, eh? E prima di aprirli va depressurizzato l’airlock, altrimenti sarebbe molto difficile azionarli». Le evoluzioni degli astronauti nella memorabile scena di apertura di 13 minuti sono inoltre apparse un po’ troppo disinvolte: «Da Cirque du Soleil: sfortunatamente le tute spaziali sono molto rigide con nodi metallici che vincolano i movimenti. E il campo visivo è limitato». Un limite, quello della visibilità del casco, che ricorda il drammatico inconveniente (questo vero, verissimo) capitato il 16 luglio a Luca Parmitano, che si è trovato il casco invaso dal liquido della sottotuta durante una passeggiata spaziale.
REPARTO INTIMO
Giusto, l’abbigliamento: «Dove vorrei veramente mettere le cose in chiaro – scrive ancora la Cristoforetti – è nel reparto biancheria intima. La canottiera e i pantaloncini indossati dalla Bullock sono, beh, una sorprendente dichiarazione sulla “moda” degli astronauti: in realtà durante le “passeggiate” spaziali si indossa biancheria intima a maniche lunghe molto fuori moda, ma molto più protettiva, e una sottotuta termica che è una maglia con circa 100 metri di tubicini che servono per mantenere la temperatura corporea mentre fuori si passa da più cento gradi a meno 120». Ecco, di tutte le incongruenze, questa non ci sentiamo proprio di condannarla. E poi la stessa Sigourney Weaver-Ellen Ripley ci aveva abituati a questa succinta mise sotto la tuta spaziale in Alien. Ancora più leggero, diciamo pure inesistente, molti anni prima, l’abbigliamento di Jane Fonda-Barbarella che si spogliava di casco e tuta argentata nell’indimenticabile incipit del film di Roger Vadim.
CHI E’ SAMANTHA CRISTOFORETTI
Intanto a vedere Gravity si comprende perché Samantha Cristoforetti abbia aggiunto il cinese alle cinque lingue (russo compreso) che già parlava: non vuole mica trovarsi a pigiare a casaccio i testi delle navicella spaziale appunto “Made in China” affidandosi alla conta Ambarambà Cicci Coccò. Eppure, anche se non finirà mai “lost in translation”, il capitano pilota dell’Aeronautica militare è una tipa di poche parole. Fisico minuto, occhi e capelli (corti) castani, tostissima, ma, almeno finora, assai riservata: è per quello che la freschezza della sua recensione on line al film rivela nuovi versanti della sua personalità.
Nata 36 anni fa a Milano, ma cresciuta a Malé, in Val di Sole, la prima astronauta italiana (terza in Europa, 59a nella storia rispetto ai 489 i maschi) ha bruciato sempre le tappe: diploma al liceo scientifico di Trento, laurea in Ingegneria a Monaco di Baviera, Sciabola d’onore (un riconoscimento da top gun) all’Accademia aeronautica di Pozzuoli. Un fenomeno: prendere le “ali” e diventare pilota da caccia accumulando centinaia di ore di volo in questi ultimi anni (sempre meno gli aerei disponibili) rappresenta una vera impresa per uomini e donne, ma poi Samantha si è superata venendo scelta nel 2009 tra i sei astronauti dell’Agenzia spaziale europea. I candidati, giusto per saperlo, tutti con titoli stratosferici, erano oltre 8.500.
Nel suo blog, nel classico stile aeronautico-spaziale ha già cominciato il conto alla rovescia (lettera L seguita dal numero dei giorni che manca al lancio): il 30 novembre dell’anno prossimo sarà sulla navicella Soyuz che la porterà sulla Stazione spaziale internazionale i cui moduli abitativi sono costruiti per oltre il 50% da aziende italiane coordinate dall’Agenzia spaziale italiana. Rimbalzando per il durissimo addestramento tra Russia, Germania, Francia e Stati Uniti, Samantha non ha più tempo per le arrampicate in montagna, le immersioni subacquee, i saggi sulla tecnologia e la nutrizione, ma almeno due ore per vedere Gravity le ha trovate”.