SAN FRANCISCO – Se foste un supercervellone, se aveste potenzialmente a disposizione tutta la conoscenza del mondo e un’intelligenza spropositata, quale sarebbe il vostro primo pensiero? Quale il vostro primo vagito cognitivo? Per il cervello digitale di Google X è stato un gatto. Mille unità operative, un totale di 16.000 processori, una enorme rete neurale regolata da un algoritmo in grado di farlo pensare come una mente analitica, e lui pensa a un gatto.
La macchina pensante di Google è stata lasciata per tre giorni “libera” di apprendere, esplorando la Rete, senza alcun tipo di input umano. Una super scorpacciata di video su Youtube, oltre dieci milioni di filmati esaminati: il computer ha iniziato a selezionare le informazioni e a categorizzarle con meticolosità. Tra le 20 mila forme sottoposte al processo di riconoscimento ce n’è stata una particolarmente gradita: il gatto.
I gattini, si sa, sono protagonisti indiscussi nell’enorme videoteca di Youtube e su quei video il cervellone è riuscito a definire il suo (im)personale concetto di gatto, per la precisione il suo primo concetto, la sua prima e autonoma elaborazione cognitiva. Ed è suggestivo che la scelta sia caduta proprio su un essere vivente. Delle immagini più ricorrenti su Youtube, l’algoritmo ha riconosciuto con un’accuratezza dell’81.7% i volti umani, 76.7% per le parti del corpo, e 74.8% nell’identificazione dei gatti.
Gli esperti ritengono che il meccanismo col quale l’algoritmo ha dimostrato di funzionare è simile a quello, teorico, che considera l’esistenza di alcuni ipotetici neuroni umani in grado di identificare gli oggetti considerati più importanti. Tecnicamente, in caso di riscontro nella realtà, di immagini e suoni che hanno assunto importanza nel corso della vita dell’individuo, ci sarebbe un neurone pronto ad attivarsi per riconoscere ciò che accade. Questo processo di apprendimento sembrerebbe essere innato nel supercomputer di Google: gli oltre 16 mila microchip si sono attivati e hanno classificato i gattini di Youtube come importanti, attraverso il confronto di milioni di numeri, perché ricorrenti nella sua memoria storica.