Battere la Juve è la fissa dei genoani, più che suonarle all’Inter o al Milan, la Juve è Torino, la Goeba, sono i Savoia, il regno di Sardegna… C’è qualcosa nella pancia del genovese-genoano che urla quando la sua squadra inforca o fiocina le maglie bianconere. Qualcosa di ancestrale che non si capisce da dove viene, non certo solo dalle violenze dei soldati di Lamarmora e dalla cattiveria di casa Savoia. Per Giampiero Gasperini, da Grugliasco questo non c’era, ma evidentemente il clic della sua vendetta era provocato dalla lezione di calcio impartita alla sua società madre, lui che aveva sceso e risalito lo Stivale, dopo tanti anni a Torino, da Crotone a quel posto in riva al mare che i torinesi pensano spesso, come ha cantato il poeta-chansonnier Paolo Conte nelle sue filastrocche, sia il luogo dove “ci sono quelli con la faccia un po’ così”.
Ma Gasp aveva qualcos’altro nel suo cuore, quel giorno della primavera 2009, mentre le maglie rossoblù “smaccavano” i bianconeri e Buffon andava a raccogliere nella rete il terzo pallone. Quale modo migliore che mettersi in luce, lui, un ex, che battere la prima squadra juventina, tagliarle la gambe della sua risalita nell’empireo dopo lo scandalo, sorpassarla nella corsa alla Champions e meritarsi l’occhio di riguardo della superdirigenza juventina, quella di John Elkan, dell’ allora presidente Cobolli Gigli, del direttore generale transalpino Blanc?
Volete un nuovo allenatore per risalire del tutto? Eccolo qua ce l’avevate in casa, allenava i ragazzini di ieri, allenava Palladino che oggi vi trafigge come un toreador, girata al volo nell’angolino di Buffon. Che andate cercando?
Quel pugno chiuso dal basso in alto, non era sfuggito a Enrico Preziosi nella sua postazione da presidente, trentacinque scaloni sopra la panchina spumeggiante di Gasperini. Preziosi “sapeva”, aveva intuito con il suo naso privilegiato di grande fiutatore che quel suo allenatore dal gioco frenetico, dai risultati brillanti era già finito nel cerchietto rosso della Juve. Sapeva di più: che qualche sirena bianconera aveva già zufolato alle orecchie del suo allenatore e che quella partita, quel gol finale erano la plateale risposta del mister: eccomi, volevate garanzie, dimostrazioni sulle mie capacità?
Così ha incominciato a incrinarsi il feeling tra l’uomo di Avellino, il mago dei giocattoli e il suo allenatore, quello da lui scoperto “perchè in B nessuno gioca come il Crotone…”.
La scena del pugno chiuso, dei salti del gelido Gasperini, già in procinto di diventare Gaspersons per i i tifosi rossoblù si è trasformato in un fotogramma incubo per il passionale Preziosi.
Gli ha tormentato l’ estate quella euforia un po’ fuori dall’atteggiamento classico, perchè era la prova del “contatto” con il nemico. “Salta così perchè ora la Juve lo ha scoperto del tutto”, spiegava agli amici più vicini il presidente.
Un vero attacco di gelosia ed anche di denuncia per l’ingratitudine. “Ma chi lo ha scoperto, chi lo ha tirato su dal Crotone?”, chiedeva il presidente.