La morte di Dino De Laurentiis ha lasciato un enorme vuoto nel cinema italiano e non: il “Signor cinema” era infatti stato “adottato” anche dagli Stati Uniti. Al ricordo della sua figura ha dedicato ampio spazio il Corriere della Sera con ben 4 articoli, a firma di Maurizio Porro, Paolo Mereghetti, Giovanna Grassi e Valerio Cappelli.
Porro ha ricostruito cronologicamente la storia del produttore, che ha all’attivo 500 film, che “hanno reso talvolta immortale il cinema made in Italy”. Porro ha voluto sottolineare i sodalizi che hanno contrassegnato la sua carriera: “cementata da due Oscar l’alleanza con Fellini (ma non si perdonò mai di aver barattato con Rizzoli La dolce vita con La grande guerra), poi De Sica, Lattuada, Steno e Monicelli, Rossellini, Visconti, Comencini, Risi”.
Nonostante abbia cominciato la propria attività all’epoca del “bianco e nero”, a De Laurentiis si deve anche “il primo film a colori con Totò”, nel ’52. Poi, ha spiegato Porro, è arrivata la seconda fase, quella della “conquista dell’America”: “Dopo un polemico intervallo quando nel ’ 72 lasciò l’Italia e gli studi Dinocittà sulla via Pontina (causa la legge del socialista Corona che legava le sovvenzioni alla totale italianità del prodotto), il secondo tempo è un kolossal negli States, dove produce per Pacino, Redford, apre la scatola magica degli effetti speciali Oscar del King Kong del suo amico Rambaldi. Due stili, due nazionalità , un amore solo: il cinema, testimoniato dal premio Thalberg nel 2001 e dal Leone alla carriera nel 2003, oltre a cinque David”.
De Laurentiis nacque l’8 agosto 1919 a Torre Annunziata da una stirpe di pastai. Ben presto, ha sottolineato Porro, “tradì la famiglia, conservando veraci passioni a tavola, e a Roma s’iscrisse nel ’37 al neonato Centro sperimentale, il corso di recitazione”.
Nel Dopoguerra ci fu la svolta: “l’epoca del rivistaiolo I pompieri di Viggiù e Napoli milionaria, per cui convinse Eduardo a scritturare Totò. Assunto alla Lux, gran marchio d’epoca, vi trova il suo amico nemico Carlo Ponti, come lui ispettore di produzione, sempre capace di risolvere pasticci tecnico-diplomatici, inventare il primo gruppo elettrogeno per illuminare il set coi motori di due aerei ( Malombra) o anticipare un assegno scoperto alla Magnani (per Bandito). Dino è un self made che punta i film come alla roulette, inseguendo sempre il pubblico più che la critica (ma si concede Europa 51 e Lo straniero). Il primo en plein è Riso amaro con quella bella scosciata mondina, Silvana Mangano, che all’inizio egli non voleva ma che divenne sua seconda moglie nel ’51 e da cui avrà quattro figli (l’unico maschio morirà tragicamente)”.