Ma neppure per la mannaia di Tremonti la via sembra così liscia come si poteva pensare. Se il dissenso di magistrati, funzionari pubblici, impiegati degli enti tagliati ecc.. era previsto qualcosa non ha funzionato secondo i piani per quello che riguarda comuni e Regioni. Passi per quelle “rosse”: anche lì il dissenso era largamente prevedibile. In verità contro i tagli di Tremonti si sono messi tutti i governatori e il più agguerrito è uno che proprio di sinistra non è, il “lumbard” Roberto Formigoni. Il presidente della Regione Lombardia non le ha mandate a dire al punto che, oramai, su YouTube è diventato testimonial involontario di uno spot del Pd che protesta contro la manovra. E anche i sindaci non stanno fermi. A guidare le fasce tricolori scontente è Sergio Chiamparino: in programma c’è un incontro al Quirinale con Napolitano ed una manifestazione in programma per il 23 giugno.
Mal di pancia a parte, però, c’è qualcosa di più, c’è un problema di consenso. E qui torna in ballo, ancora una volta, Umberto Bossi: la manovra colpisce gli enti locali e il nord paga un conto salato. C’è poi il problema del federalismo: la Lega chiede un sacrificio ai suoi elettori mentre del suo amato cavallo di battaglia si sa ancora poco e niente e soprattutto manca ancora un’analisi dei costi. Il grido d’allarme di Formigoni (“la manovra mette a rischio il federalismo fiscale”) fa il resto: Bossi, formalmente, ha rispedito al mittente le critiche ma un campanello di allarme si è certamente acceso.
E poi ci sono le province, un precedente su cui riflettere: sono scomparse prima dalla manovra e poi anche dalla Carta delle autonomie proprio per il no leghista. Se Bossi dà ascolto ai suoi amministratori locali è certamente possibile che Tremonti debba trovare qualche altra voce di bilancio da sforbiciare. Per tagliare 24 miliardi senza scontentare nessuno serve la bacchetta magica: quella con cui Berlusconi vorrebbe far sparire le intercettazioni e Tremonti vorrebbe far sparire chi protesta contro i tagli. La bacchetta magica, però, non c’è e allora, almeno per il momento, dietrofront.