BEIRUT – Circa seimila libanesi hanno manifestato a Beirut,ieri, 6 marzo, per la seconda volta consecutiva in dieci giorni, per chiedere ”la fine del regime confessionale”, di fatto in vigore nel Paese dei Cedri sin dalla sua nascita come Stato indipendente quasi settant’anni fa.
Sull’onda delle proteste anti-regime in corso da settimane in tutto il mondo arabo, le organizzazioni della società civile libanese hanno lanciato un nuovo appello, raccolto da migliaia di giovani, anziani e famiglie, ad ”abbattere il sistema confessionale”, in forza del quale tutte le cariche politiche e amministrative dello Stato devono essere ripartite seguendo una precisa ripartizione tra le diverse 18 comunità religiose del Paese.
I manifestanti, che a centinaia erano già scesi in strada a Beirut dieci giorni fa, hanno inoltre scandito slogan contro l’attuale polarizzazione politico-confessionale, affermando di non riconoscersi né nello schieramento filo-saudita, guidato dal premier sunnita uscente Saad Hariri, né in quello filo-iraniano, capeggiato dal movimento sciita Hezbollah.
Il prossimo 13 marzo è stata annunciata a Beirut la ”mobilitazione di massa” dei seguaci della coalizione guidata da Hariri contro ”le armi illegali” del movimento anti-israeliano Hezbollah. Gli organizzatori delle proteste contro il confessionalismo hanno dal canto loro annunciato nuove manifestazioni pacifiche a Beirut e in altre città del Paese.
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