Vecchia, bollita, tecnicamente mediocre e senza un vero fuoriclasse in grado di fare la differenza. La Nazionale di Marcello Lippi che si appresta a difendere il titolo mondiale in Sudafrica lascia perplessi tifosi e addetti ai lavori. Martedì 11 maggio il ct azzurro ha diffuso la lista dei 30 pre-convocati da cui, entro qualche settimana usciranno i 23 giocatori che parteciperanno ai campionati del mondo. Quasi a mettere le mani avanti Lippi lo aveva annunciato prima: “Non ci saranno sorprese”. Una dichiarazione che ha raggelato quei pochi che ancora speravano in un ripescaggio in extremis di almeno uno dei tre fuoriclasse (o aspiranti tali) esclusi: Francesco Totti, Antonio Cassano e Mario Balotelli.
Una premessa è d’obbligo: Lippi nel 2006 il Mondiale l’ha vinto contro tutto e tutti. Lo scandalo “calciopoli” era appena esploso e mentre si preparava la spedizione in terra di Germania le televisioni raccontavano di una festa surreale negli spogliatoi della Juventus per uno scudetto che, di lì a poco, si sarebbe trasformato in retrocessione con penalizzazione mentre Luciano Moggi lacrimante annunciava che il calcio non sarebbe stato più il suo mondo.
Lippi da tutte le tossine di quel calcio malato (anche suo figlio venne coinvolto nell’inchiesta sulla Gea) fu in grado di tirare fuori il meglio e portò alla vittoria un gruppo guidato da un fuoriclasse acciaccato (Totti) in cui nessuno credeva. Quella spedizione partita tra scandali e mugugni grazie a una difesa granitica, un po’ di fondo schiena e una indimenticabile “capocciata” nella finalissima rientrò trionfante a Roma ed ebbe il merito di attutire, almeno in parte, il colpo calciopoli.
Esaurita la premessa e ringraziato ancora una volta Lippi ci permettiamo di osservare che questa volta, però, i conti non tornano. Anche nel 2006 il ct puntò sul blocco juventino: era la squadra che meglio conosceva e che aveva allenato fino a poco tempo prima. Soprattutto, nonostante Moggi, era la squadra più forte. Oggi il tecnico ripropone otto juventini. Con una piccola differenza: i bianconeri vengono da una stagione di una modestia senza pari e ad aver deluso di più sono proprio gli alfieri di Lippi. Le scelte del tecnico, come scrive Mario Sconcerti, “non hanno nessuna ragione di classifica”. Ci permettiamo di aggiungere che non hanno nessuna ragione tecnica e, nella maggior parte dei casi, neppure anagrafica. Il sospetto è che il legame tra il ct e la Juve rimanga troppo solido e che Lippi continui a guardare ai bianconeri come a una “riserva privilegiata” dove attingere risorse. Non a caso martedì 11 maggio il presidente della Figc Giancarlo Abete affrescando l’identikit del prossimo allenatore della Nazionale ha spiegato cercano qualcuno “in grado di unire tutti, di essere l’allenatore di tutti”. Un messaggio a un ct che è ancora troppo allenatore della Juventus?
Speriamo di sbagliare ma questa Nazionale sembra voler ignorare che dal 2006 sono passati quattro anni. C’è un precedente e non fa sperare affatto bene: nel 1986 Enzo Bearzot puntò in larga parte sugli “eroi di Spagna” per confermarsi campione del mondo in Messico. Finì che dopo un girone modesto la Francia ci rispedì a casa con due gol sul groppone, la testa bassa e il bisogno di ricominciare tutto da capo. Nel 1938 andò decisamente meglio ma quel calcio è talmente lontano da essere quasi un altro sport.
A far discutere, come detto, è soprattutto il blocco Juve. Gigi Buffon, nonostante una stagione con qualche problema fisico è certamente indiscutibile, ma gli altri? Nessuna ragione, al di là della gratitudine e forse di una scaramanzia paragonabile all’acqua santa di trapattoniana memoria, si intravede nella convocazione del capitano degli azzurri, Fabio Cannavaro. La Juve di fatto lo ha scaricato e non gli rinnoverà il contratto. Fabio Grosso, il terzino che ci regalò la finale di Berlino viene da una stagione deludente e come osserva Sconcerti, nella Juve ha giocato titolare 4 volte nelle ultime 16 partite. E non è neppure l’unica riserva bianconera convocata da Lippi: nei trenta c’è spazio per Candreva, uno che prima di fare panchina alla Juventus la faceva nel Livorno, l’unica squadra della serie A che non raccoglierà nemmeno 30 punti. E che dire di Camoranesi? Di fatto, per gli acciacchi non gioca dall’autunno scorso. Lo stesso Iaquinta rientra da poco da un infortunio. È guarito, è vero: ma allora è guarito anche Totti. Degli otto bianconeri, a conti fatti, gli unici due su cui nessuno sembra poter obiettare nulla sono il giovane emergente Marchisio e il centrale Chiellini, su cui in Sudafrica rischia di gravare tutto il peso di una difesa vecchia e fuori forma.
Le contraddizioni, però, non riguardano solo la Juventus. Lippi ha scelto di portare nel gruppo Gattuso lasciando a casa Ambrosini che nel Milan gli ha soffiato il posto. Tra i reduci del 2006 c’è anche Zambrotta, uno che nel Milan, si è spesso accomodato in panchina. A casa rimarrà invece Simone Perrotta, uno dei pochi centrocampisti italiani in forma e in grado di ricoprire più ruoli.
Più che le scelte in assoluto in Lippi lascia perplesso l’ultraconservatorismo. In due anni ha sperimentato poco e cambiato ancora meno. Se Nesta gli avesse detto sì e Totti fosse stato in condizioni migliori avremmo avuto nel gruppo altri due “reduci”. È vero: il calcio italiano non offre granchè. Ma è proprio per questo che un tridente con Cassano e Balotelli larghi e Totti centrale, ammesso e non concesso che si riuscisse a tenerli insieme senza farli venire alle mani, avrebbe acceso qualche entusiasmo in più.